Un albergo da un milione di stelle

Lascio l'Albergue quando tutti dormono, non sono neppure le 6, piove ed è ancora buio. Non mi sono mai piaciuti gli addii, cerco sempre la maniera di evitarli , ed anche questa volta ci sono riuscita. 
Salgo sul taxi e la tristezza mi assale. La strada si vede a fatica , i tergicristalli lavorano interrottamente, la musica melodica messicana di sottofondo , mentre attraversiamo quelle vie che mi erano diventate familiari. 

Ripenso ad un discorso fatto con Joel, due giorni prima. 
"Cosa venite a fare qui se poi ve ne andate? Prima venite ad aiutare, e poi ci abbandonate, prima Gabi, adesso tu, che senso ha? " , mi domanda. 
Ero stata io a chiedere a Joel di andare a fare quattro passi, quel pomeriggio. Era il mio penultimo giorno all'Albergue e, complice forse anche la partenza di Levi, ero riuscita a combinare ben poco, perché sentivo un nodo alla gola . Avevo provato a fare delle riprese , anche alcune foto, ma non riuscivo, non riuscivo a concentrarmi. 
Avevo tirato la giornata a fatica, erano da poco passate le 6 quando lo incontro e gli chiedo se vuole uscire un po'. Lui acconsente , il tempo di andare a spruzzarsi il profumo ed è pronto. Aveva piovuto tanto quel giorno, ed il camminare diventa un percorso ad ostacoli, nel cercare di evitare pozzanghere e fango. Facciamo due cuadras e incontriamo Lulu e Ernesto che stanno tornando con il pick-up. 
Ci chiedono dove andiamo, rispondiamo che non abbiamo una meta. "Vado un attimo al bagno e vi raggiungo , aspettatemi qui!", esclama Lulu con quel sorriso così contagioso. 

Ci sediamo su un muretto. Non parla Joel questa volta, aspetta che sia io ad iniziare la conversazione. 
Gli dico che è stata una giornata difficile, ho lavorato poco ma la mia testa è a pezzi. "È che tu non te ne vuoi andare, è per questo che stai così ". Va subito al sodo e, come ogni volta, centra sempre il punto.

Mi chiede come faccia a viaggiare così tanto: “Ma tu come fai a fare questo lavoro? Come fai ad andare nei posti, entrare così in empatia con le persone, e poi salire su un aereo, e voltare pagina ad una nuova meta?". 
Eravamo nel mezzo di questi discorsi esistenziali quando arriva Lulu insieme a Wilson, e lei propone di andare a prendere un gelato. Accetto con entusiasmo, un po’ di zuccheri forse sono proprio quello di cui ho bisogno per rimettermi in moto. 

Per strada iniziano a cantare, Wilson è un artista, e a lui basta un niente per animare ogni momento. All’Albergue è il responsabile delle “notti culturali”, usa due bidoni di plastica per fare le percussioni, e poi canta e balla. Più di qualche volta mi ha detto che voleva insegnarmi a ballare “la punta”, danza tipica honduregna, ma l’ho convinto che era un’impresa impossibile, e che io ero più che contenta di riprenderlo. Insomma, le risa di Lulu, le performance di Wilson ed un gelato amarena e cocco hanno fatto sparire la tristezza. 

Torniamo all’Albergue e lì fuori c’è Maynors, il ragazzo che avevamo soccorso a Salina Cruz con Padre Alejandro. Mi viene vicino e mi abbraccia, lo osservo e sta decisamente meglio. La ferita sulla bocca è quasi sparita, lui ha ripreso a lavorare a pieno ritmo, vuole rimettere da parte un po’ di soldi per proseguire il suo viaggio. Continua a ringraziarmi per l’aiuto a Salina Cruz, ed insiste per offrirmi la cena, come io avevo fatto con lui, quel giorno in cui era stato ferito. Mi porta a mangiare tacos. 

Quando rientriamo sono già passate le nove, ed è iniziata la fila per i materassini. Eh sì, perché i ragazzi all’Albergue dormono fuori, sul cortile, non entrerebbero tutti nel dormitorio primo perché sono troppi, e poi perché fa molto caldo. 
E così ogni sera ognuno di loro prende un materassino e lo adagia a terra, formando una lunga linea orizzontale. Quante notti ho passato ad osservarli dall’alto, dal dormitorio dei volontari. 

“Altro che hotel a cinque stelle, noi qui ne vediamo milioni di stelle, tutto il firmamento è nostro!”, mi diceva Joel per sdrammatizzare. Così l’ultima sera ho chiesto alla sicurezza il permesso di potermi coricare anche io con il materassino nel cortile. Volevo capire cosa si provava a dormire con gli insetti che ti pungono, i cani che passeggiano accanto, e un materassino che la sera prima apparteneva a qualcun altro. 

I vigilanti erano un po’ sorpresi da questa richiesta, mi hanno detto che non era igienico e mi potevo prendere qualche malattia della pelle, visto che materassini e coperte sono logore, ma a me non importava. Non volevo favoritismi, dovevo sperimentare come vivevano loro, la nuda e cruda realtà. “Contenta tu”, ha alzato le spalle il vigilante.
Il Pantera si è messo subito allerta, perché lui all’una di notte andava a lavorare, e quindi non poteva vigilare su di me, ma mi ha schierato un assetto di cinque persone accanto, avrebbero fatto i turni a stare svegli, così nessuno avrebbe messo le mani sul mio cellulare etc. 

“Sei sfortunata perché purtroppo non ci sono le stelle stasera”, mi ha detto Joel. Ed in effetti sopra di noi c’era un cielo carico di nubi. 
Dopo una mezzoretta però è arrivato il vigilantes e mi ha fatto fare dietrofront. “Per questioni di sicurezza non puoi dormire qui, mi dispiace”, ha sentenziato senza darmi possibilità di replica.  
Così sono salita sul sottotetto del dormitorio dei volontari, e mi sono messa a dormire sull’amaca, e a “spiarli” dall’alto. A mezzanotte ha iniziato a piovere, tutti si sono alzati di corsa, e con il materasso sulla testa sono andati a trovare riparo nel locale mensa, adagiandosi sotto i tavoli. Io sono rimasta sull’amaca, guardando la pioggia davanti a me, e pensando a quanto possa essere dura la vita alle volte. 

Ed ecco che il taxi sta per arrivare all’aeroporto. Iniziano a scorgersi le luci dell’alba, mentre nella mia mente si ripercorrono come istantanee di vita gli attimi e momenti vissuti negli ultimi venti giorni. 
E ripenso alla domanda di Joel: "Ogni volta che vai in un luogo poi devi lasciare le persone a cui ti affezioni, non è una sofferenza continua?". 
E a quella che è stata la mia risposta: “Sì, soffro nel momento del distacco, ma come faccio a rinunciare a tutta questa ricchezza? Vuoi mettere la bellezza e la magia degli incontri?”.

NELLA FOTO, dall'alto ed in senso antiorario: il momento gelato con Lulu, Wilson e Joel; un selfie con Jose Ayadir; due istantanee dell'hotel con vista un milione di stelle; infine in posa con Yazira, una delle poche ragazze presenti nell'Albergue, di una dolcezza e un coraggio senza eguali.

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