Levi e El Pantera

Ieri sera è andato via Levi, volontario-giornalista by USA, e per me è stato un duro colpo. Perché mi ero abituata a lui, alla sua presenza. I nostri pranzi, le nostre chiacchierate, i confronti sul giornalismo. Ci siamo arricchiti giorno dopo giorno, ci raccontavamo delle storie trovate, ci ponevamo dubbi, riflettevamo sulle contraddizioni che a volte si manifestavano, e cercavamo di rintracciarne le ragioni.

In tanti momenti nei quali ero davanti ad un bivio, il confronto con Levi mi ha aiutato a chiarire le idee, e a prendere una strada per continuare il mio documentario. Non so se riuscirò a portare a casa il lavoro che avevo in mente, ma se ce la farò sarà stato anche grazie a lui , ai suoi consigli.
In molti ci hanno chiesto se eravamo arrivati insieme ad Ixtepec, e se lavoravamo negli stessi giornali negli Stati Uniti. Del resto qui tutti faticano a credere che sono italiana, e mi considerano “gringa” , proprio come lui. 
Levi è partito per Veracruz, per proseguire il suo progetto di ricerca e trascorrerà in Messico tutto l’anno, io invece ho i giorni contati qui. 

In questi ultimi giorni c’è una coordinatrice dei volontari che mi sta mettendo un po’ i bastoni tra le ruote, nel senso che trova sempre l’occasione per richiamarmi. Temo che sia perché vede che sto sempre con la telecamera in mano ed aiuto poco in ufficio, e forse dopo più di due settimane questa situazione le inizia a pesare. Ma io non posso allentare proprio ora che sto trovando quello che cerco. 

Stamattina, ad esempio, dopo colazione, con Lulù ed alcuni ragazzi avevamo deciso di andare in centro, perché io volevo comprare un’amaca, e visto che oggi c’era il mercato loro sapevano dove potevo trovarla. 
Io ero già uscita dall’albergo e mi ero messa in cammino con gli altri, ma la signora in questione ha bloccato Lulù e le ha detto che stavamo disubbidendo alle regole perché è proibito che i volontari escano insieme ai migranti. 
Non so cosa le abbia risposto Lulù, probabilmente ha solo tergiversato ed è uscita lo stesso. Quando mi ha raccontato l’accaduto io sono rimasta stupita, e ho letto lo stupore anche nei suoi occhi.
Anche loro si sono sentiti feriti da questa cosa, nessuno sapeva cosa fare, ma per fortuna c’era Joel a sdrammatizzare: “Non vede che siamo una troupe che sta andando a lavorare? Dai muoviamoci, che altrimenti qui la giornalista ci castiga se perdiamo tempo!”. 
Ed effettivamente tra chi teneva la macchina fotografica, chi il cavalletto, chi l’Osmo, chi lo zaino beh…sembravamo proprio un bel team in azione! 

Dovevamo essere in quattro ad andare, ma siamo diventati dieci. Per arrivare al mercato abbiamo attraversato la stazione ferroviaria, c’erano dei treni merci parcheggiati, e Joel&Co hanno iniziato ad arrampicarsi e a salire su. Del resto quando sei capace di aggrapparti ad un treno che viaggia alla velocità di 80 km, diventa una barzelletta balzare sopra quando è fermo...

Mentre stavamo per raggiungere il mercato, Reinaldo mi dice che oggi è il compleanno del Pantera.
Oh sì, il Pantera, uno dei personaggi indiscussi dell’Albergue. Lo chiamano così per via del suo tatuaggio sul braccio sinistro, sempre ben in risalto con la canotta bianca . All’inizio ero molto scettica sul suo conto, appunto perché l’apparenza è quella che è, ma poi con il passare dei giorni mi sono ricreduta. 

Pantera è un caro amico di Geovanny, hanno fatto il viaggio insieme. Ha la verve da leader, è una persona che vuole tenere tutto sotto controllo. In più di un’occasione è intervenuto quando qualcuno cercava di importunarmi, e seppur mi parlava di rado, voleva sempre sapere dove andavo quando uscivo. 

Oggi compie 41 anni.  
Quando siamo usciti dal mercato (con due amache!), ho chiesto a Joel di andare in una pasticceria. 
Ho preso la torta più grande e l’ho fatta dividere in dieci pezzi, due bottiglie di CocaCola da 2,5 litri, e siamo andati al parco a festeggiare. Poco importa se non c’erano le candeline, abbiamo cantato la canzoncina di auguri (non la classica “Tanti auguri a te…” , che in spagnolo era “Cumpleano feliz, cumpleano feliz..”, ma una canzone più lunga e molto più carina), ed un grande applauso e brindisi finale. 

Mi ha raccontato Geovanny che Pantera è stato più volte espulso dagli Stati Uniti e deportato in Honduras, ed adesso tenta di nuovo il grande passo. 
Mi chiedo come ci si debba sentire a vivere tutta una vita a lottare per raggiungere un luogo. 
E mi chiedo come ci si debba sentire, a 41 anni, senza una patria, lontano dalla famiglia, in una condizione di stasi e di attesa. 

Avevamo il sole a picco sopra di noi quando rientravamo, e lo stomaco pieno dall’abbuffata di calorie. Non so quante volte ognuno di loro mi ha ringraziato per quella fetta di torta inaspettata, ed anche Pantera lo ha fatto, a modo suo, accennandomi un sorriso.

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