I pescatori di Zarzis

Continuiamo a scendere verso sud. Da Sfax a Zarzis le strade cambiano, l’autostrada a due corsie che si dirama da Tunisi lascia il posto alle normali provinciali ad una corsia per senso di marcia. A destra e a sinistra una distesa di ulivi consente alla vista di perdersi. Ai margini della carreggiata, di tanto in tanto, si trovano dei piccoli banchetti con vasi variopinti. Sono cestelli colmi di fichi. Rafik ci ha detto che i fichi sono molto buoni qui, e bisogna mangiarli con una goccia di olio d’oliva, serve a purificare l’intestino.

Zarzis è un paese di pescatori situato in un golfo dall’acqua color smeraldo. L’isola di Djerba da qui dista una decina di chilometri appena, ci si arriva percorrendo una strada che si estende per otto chilometri attraverso il mare al di sopra di un terrapieno artificiale. 
Erano stati gli antichi romani a realizzarla, e questa strada conserva ancora il loro nome. A dimostrazione che c’è stato un tempo nel quale siamo stati i primi al mondo nella realizzazione di infrastrutture che durano millenni, e non una manciata di decenni per poi frantumarsi e lasciare a noi soltanto la conta delle vittime accanto a passerelle indecenti. 

E mentre il mondo intero continua nella sua emigrazione verso il nord, noi ci siamo potute permettere il privilegio di cambiare rotta. 
Mi chiedo in quanti avrebbero chiesto anziché salire di scendere giù, dalla Tunisia, direzione Libia. Noi l’abbiamo fatto. 
Zarzis è infatti ad appena quattro ore di navigazione dalla Libia, ed è qui che le correnti portano a riva la mattanza umana che avviene sul suolo libico. Perché in Libia le persone affogano, e il mare porta qui a Zarzis I cadaveri, che si mischiano ai pesci e finiscono nelle reti dei pescatori . 

Ma non vi preoccupate, nella foto di quest’oggi troverete solo sorrisi. Il primo, in alto a sinistra , quando iniziavamo ad allontanarci dalla costa tunisina ; il secondo, quando dopo aver percorso sotto il sole cuocente un lungo tratto tra scogli e dune di sabbia riusciamo finalmente a intravedere in lontananza l’asfalto di una strada. Il terzo sorriso lo lascio a voi, mostrandovi che qui sui louage puoi caricarti di tutto, anche un vecchio Motorino Piaggio bianco fiammante. La quarta foto , invece , ci ritrae insieme a Chamseddine Marzouq, segnatevi questo nome, perché ne sentirete parlare, molto molto presto.

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Sfax

Sfax ha quasi 500 Mila abitanti, è la città più grande dopo Tunisi, in molti l’hanno descritta come la Milano tunisina , ma qui c’è anche il mare.
Arriviamo che sono passate le 18.30, saliamo su un taxi ed intavoliamo una conversazione con l’autista, che ha appreso l’italiano da autodidatta. E’ lui a darci subito corda.
“Come si chiama il presidente italiano?”, ci chiede.
“Ehm... Conte “, rispondo io.
”No, quello importante “, ribatte lui.
“Salvini?”, sussurro io con un filo di voce, tanto mi fa ribrezzo quel nome.
“Si! Salvini! La prossima settimana viene in Tunisia, viene a darci i soldi, perché lui ha chiuso i porti in Italia, ed ora gli africani ce li dobbiamo tenere tutti noi. Ma lui ci darà i soldi”.

Mi chiedo se sia a conoscenza del fatto che quella persona che lui osanna come Salvatore della patria (anzi, delle patrie ) in realtà è quella stessa che, non appena salita al potere pochi mesi fa, ha scatenato un caso diplomatico definendo i tunisini dei “galeotti”.

Ma sono stanca, il caldo non ci da tregua malgrado siano passate le sette, le quattro ore di viaggio si fanno sentire, i momenti infiniti di attesa alla ricerca di un taxi hanno risucchiato le nostre ultime energie , ed allora niente, non ribatto. Lasciandolo nella sua convinzione che “settimana prossima arriverà Salvini e porterà i soldi alla Tunisia per tenersi gli africani sul suo suolo “. Gli africani poi, come se stessi parlando con uno scandinavo.
E malgrado tutto continuo a sorprendermi di come la gente sia in grado di costruirsi delle verità di comodo. Ma si sa, è un fatto universale questo. Come di universale c’è un’altra cosa: ovunque tu vada ci sarà sempre qualcuno più a Sud di te da disprezzare.

Nella foto che segue non troverete niente dei meravigliosi paesaggi e delle persone magnifiche (eccezione fatta per il tassista) che abbiamo incontrato, ma soltanto una serie di nostri outfit.
Ci stiamo rendendo conto infatti che un viaggio da fashion bloggers sarebbe stato sicuramente più redditizio di quello da giornaliste freelance. E allora, parliamo di cose serie: siamo meglio nella versione Vamp con ampia falda e nastro pitonato, o in quella magrebina ?

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La gentilezza di Tunisi

Lasciamo Tunisi grazie alla gentilezza del proprietario di un localetto accanto al nostro albergo, che ci offre di accompagnarci alla stazione dei bus.
“Non troverete nessun taxi disposto a portarvi visto che non è lontano”, era stato il monito dell’albergatore, e noi eravamo allibite all’idea di dover percorrere due km con zaino, borsone, sole a picco e una temperatura che si aggirava intorno ai35 gradi. Ma al nostro amico è bastato uno sguardo per capire il nostro smarrimento: “Aspettatemi 5 minuti, vado a prendere la macchina e vi accompagno io”, ed in macchina ci ha parlato dei vari luoghi in cui è stato in Italia, celando un velo di nostalgia.
Iniziano ad affiorare le storie ; storie di chi ha fatto uno sbaglio e ne continua a pagare le conseguenze ; storie di chi ha creduto nel cambiamento e si è ritrovato in mano un pugno di polvere ; storie di sogni infranti ; storie di una rivoluzione dalle tante promesse ma che ad oggi non ha offerto ancora nulla. Ma anche storie di speranze, di quella luce negli occhi che solo i vent’anni ti fanno accendere.
Lasciamo Tunisi con un mix di emozioni e con la consapevolezza che questo paese ha tanto da raccontare.

Nella foto, dal basso in senso antiorario: l’ingresso di un ristorante al centro della Medina; a seguire noi che ci improvvisiamo turiste ; poi uno scatto che ci immortala con Hassen e un altro con Medhi, i nostri primi amici tunisini. L’ultima è una foto rubata sul louage, mentre ci dirigiamo verso sud, per la seconda tappa di questo viaggio.

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Si parte

Un bagaglio in spalla che pesa, un taccuino speciale tutto da riempire; l’inquietudine che caratterizza ogni viaggio, ma questo in particolare . La ferma volontà di fare il nostro lavoro al meglio c’è , la voglia di documentare è salda . E spazza via tutto il resto . Di nuovo in campo!

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