Il Reportage al WSP Photography a Roma

Presso gli spazi di WSP Photography , venerdì 12 Luglio si è svolta la serata di presentazione del numero 39 di Reportage. Insieme al direttore della Rivista, Riccardo De Gennaro, le relatrici Flaviana Frascogna Ilaria Romano e Romina Vinci con passione, puntualità e impegno hanno raccontato i loro progetti e il loro lavoro.

Romina Vinci ha raccontato la sua esperienza in Sri Lanka, nel distretto industriale di Negombo, dove è venuta a contatto con le operaie impiegate nelle industrie tessili.

Qui maggiori informazioni sulla rivista: https://www.ilreportage.eu/prodotto/numero-39/

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Sul numero 39 del Reportage un progetto fotografico dallo Sri Lanka di Romina Vinci

A Roma, venerdì 12 luglio dalle ore 19.30, WSP Photography ospiterà la presentazione del nuovo Reportage n°39 insieme al direttore, Riccardo De Gennaro, alla fotografa Flaviana Frascogna, alla giornalista e fotografa Ilaria Romano e alla fotografa Romina Vinci.

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La novità del numero 39 del Reportage è che per la prima volta il cosiddetto portfolio “centrale”, che abitualmente si trova a metà della rivista, è stato spostato in apertura. In questo modo, il lavoro di James Whitlow Delano / Photography , dedicato alle conseguenze del cambiamento climatico in California, forma un “trittico” statunitense con i due successivi reportage: il viaggio sulla Route 66 di Flaviana Frascogna e la nave da crociera più grande del mondo, che parte da Miami (Florida), di Didier Bizet.

Con @Marco D’Antonio ci spostiamo, invece, nell’America del Sud, per l’esattezza in Patagonia (Argentina), dove da alcuni anni si registrano casi di tumori e morte tra i lavoratori per l’inalazione del glifosato, una sostanza contenuta in un prodotto utilizzato come fitofarmaco in numerose coltivazioni agricole, il “Roundup” della Monsanto (ora Bayer).

Il reportage che segue parla invece delle donne lavoratrici di Negombo, la città dello Sri Lanka dove – nell’aprile scorso – si sono verificati i mortali attentati alle chiese cristiane (300 le vittime). Come scrive Romina Vinci, queste donne lavorano nell’industria manifatturiera, ma abitano in un ghetto della città, spesso dopo aver lasciato – per lavorare – marito e figli lontani. Mattia Marzorati racconta invece il cambiamento della Bulgaria – che registra una forte fuga all’estero della manodopera – nell’era post-comunista, mentre Ilaria Romano ci dice dell’evoluzione dell’Albania, in particolare dei giovani albanesi.

Un estratto del reportage di Romina Vinci da Negombo (Sri Lanka) sulla difficile condizione di vita delle operaie impiegate nell’industria tessile.

Un estratto del reportage di Romina Vinci da Negombo (Sri Lanka) sulla difficile condizione di vita delle operaie impiegate nell’industria tessile.

Per restare ancora nel mondo ex comunista scopriamo che Scalea, la cittadina calabrese sul mar Tirreno, durante l’estate si trasforma in una sorta di enclave russa: come dimostrano le foto e il racconto di Michela A.G. Iaccarino, migliaia di cittadini ex sovietici vengono qui a trascorrere le vacanze grazie a un passaparola che dura da oltre dieci anni.

Il secondo portfolio è dedicato al Kazakistan, in particolare all’incredibile trasformazione di Astana, la capitale, soprannominata la “Dubai della steppa”. Lo firma Filippo Venturi Photography. L’intervista di questo numero vede protagonista Lorenzo Tugnoli, fresco Premio Pulitzer. A intervistarlo è Maria Camilla Brunetti, che ha anche intervistato il giornalista Amedeo Ricucci sul suo ultimo libro.

Un pezzo di analisi sul cambiamento del fotogiornalismo ci viene poi proposto dal fotografo e antropologo Riccardo Bononi. Il racconto è di Bianca Bellová, una scrittrice praghese che tra l’altro ha vinto un importante premio letterario ceco con “Il lago”, tradotto in Italia da Miraggi Edizioni.

Non mancano le recensioni, l’editoriale di Riccardo De Gennaro e la rubrica di Valerio Magrelli. La foto vintage, che chiude ogni numero, è dedicata ai 50 anni della prima discesa dell’uomo sulla Luna.

Agorà del Mediterraneo: "L'altro Afghanistan, la storia del popolo perseguitato degli Hazara"

Una sala gremita ha preso parte al panel “L’Altro Afghanistan, la storia del popolo perseguitato degli Hazara”, che si è svolto a Barzio, sabato 29 Giugno, all’interno di “Agorà del Mediterraneo”. Il panel ha visto come relatore il regista Amin Wahidi ed è stato moderato da Romina Vinci.

Foto di Chiara Ciurlia

Foto di Chiara Ciurlia

Afghanistan oggi, le contraddizioni del presente. Cosa si cela dietro il potere dei talebani? Cosa hanno lasciato sul territorio i 13 anni della Missione ISAF? Tanti gli spunti di riflessione attorno a un paese che, nello scacchiere geopolitico del Medioriente, assume un ruolo cruciale. Amin Wahidi, regista e film maker, ha raccontato l’altra faccia dell’Afghanistan, accendendo i riflettori sugli Hazara, e sulla storia di questa etnia perseguitata e martoriata. Nel 1880 gli Hazara rappresentavano il 67% della popolazione afghana, oggi sono appena il 22%. Perché questo sterminio è stato taciuto per anni?

Foto di Chiara Ciurlia

Foto di Chiara Ciurlia

Nel corso del panel è stato proiettato anche il cortometraggio “L’Ospite” ideato e diretto da Amin Wahidi, vincitore Premio Città di Venezia 2014 durante 71a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2014 e vincitore Premio Carpine D’Argento 2015 come miglior cortometraggio in assoluto Visciano Napoli Italia. Commozione in sala al termine della proiezione : il cortometraggio “L’Ospite” è uno straordinario precursore della deriva populista dei nostri giorni, offrendo uno spaccato realistico dell’Italia del 2019, che ha fatto della lotta allo straniero il suo cavallo di battaglia (politica).

Foto di Chiara Ciurlia

Foto di Chiara Ciurlia

Agorà del Mediterraneo 2019 - Romina Vinci modera il panel sull'Afghanistan

Tornano le giornate internazionali di studio che l’Associazione Centro Orientamento Educativo – COE dedica ai grandi temi e ai fenomeni spesso epocali che si incrociano intorno alle coste del Mare di Mezzo. La terza edizione di Agorà del Mediterraneo, in programma da venerdì 28 a domenica 30 giugno, accoglierà a Barzio (Lecco), tra il lago e i monti della Valsassina, esperti, giornalisti, attivisti e testimoni.

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Il pomeriggio del sabato si apre con i panel tematici. Novità di quest’anno, lo sguardo sul Mediterraneo anche dal punto di vista ambientale: Simone Nuglio di Legambiente parlerà con lo scrittore Dino Ticli della minaccia delle microplastiche nel nostro mare. Gli altri due focus saranno su Siria e Afghanistan, nel centenario dell’indipendenza. La giornalista e scrittrice Susan Dabbous dialogherà con Valentina Sala sul suo libro La ragazza di Homs (Castelvecchi), mentre il regista afghano Amin Wahidi, intervistato da Romina Vinci, racconterà la storia del suo popolo perseguitato, quello degli hazara.

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L’Aquila per la mia generazione, i nati nel 1983

Quella de L’Aquila è stata una delle prime catastrofi naturali che quelli della mia generazione hanno vissuto tramite web. Facebook si stava sviluppando in quegli anni, e c’era tanta curiosità intorno a questo nuovo modo di comunicare. Adesso, a dieci anni di distanza, vedere tutti quei post con scritto “Paura” “Pauraaaaa” Pauraaaaa!!!!” a poche ore da quella che fu poi la grande scossa fa riflettere, fa molto riflettere.

L’Aquila 2014 © Romina Vinci

L’Aquila 2014 © Romina Vinci

Io stessa scoprì del terremoto in diretta, su Facebook appunto, mentre mi trovavo dall’altra parte del mondo.  Vivevo negli Stati Uniti a quel tempo, a Chicago, ero lì per uno stage nell’Ambasciata Italiana, e mi ricordo il profondo senso di smarrimento, l’estraniamento, il vuoto dentro. Io che mi trovavo al 34esimo piano di un grattacielo nella North Michigan Avenue, era tremendo pensare che a pochi chilometri da dove viveva la mia famiglia, dai posti in cui io ero cresciuta, tutto era stato raso al suolo. Perché il terremoto è questo che fa, ti toglie le certezze. Sentire la terra che ti manca da sotto ai piedi, piombare nel vuoto, vedere la casa, la tua casa, quella che è stata la tua sicurezza, frantumarsi in mille pezzi, vivere tutto ciò beh… quella sensazione non te la dimentichi, e la tua vita cambia. Cambia nei valori, cambiano le gerarchie di importanza, cambia anche il modo in cui tu ti appresti a vivere la quotidianità, non sei più lo stesso nella vita di ogni giorno. 

Non sei più tu, tu che direttamente lo hai vissuto sulla tua pelle, ma anche tu che lo hai sentito solo dai racconti e da una diretta virtuale, e il tuo pensiero è andato subito a quegli amici, o amici di amici, che si erano trasferiti a L’Aquila per studiare. E’ un senso di inquietudine che poi è rimasto dentro a tutti quelli della mia generazione. Già, noi ci sentiamo impotenti,  impotenti perché quello che abbiamo davanti è qualcosa di più grande di noi.

La generazione a noi successiva, forse, oggi sta tornando ad avere consapevolezza  e fiducia in se stessa, ma la mia generazione no,  questa consapevolezza l’ha persa, le è franata sotto i piedi, seppellendo i sogni tra polvere e macerie.

Io mi ricordo che quel giorno avevo un’infezione, un bruttissimo e pericoloso Fuoco di Sant’Antonio mi aveva pervaso l’occhio sinistro,  e non riuscivo a vedere nulla. Mi sentivo ghettizzata in quel momento, io che volevo tornare a casa dai miei concittadini, volevo salire sul primo aereo direzione Roma, per poter aiutare, ed invece ero lì, bloccata, dall’altra parte dell’oceano. “Non puoi prendere l’aereo nelle tue condizioni, non ti lasceranno salire conciata così, perché rischi di contaminare l’equipaggio”, mi disse la mia coinquilina, una Hostess dell’American Airlines. Ed è forse quella presa di coscienza, quella privazione di una volontà, io che volevo andare da una parte ma la “legge” me lo impediva, ecco, anche quello ha segnato molto la mia vita e il mio futuro lavoro da giornalista.

Sono arrivata a L’Aquila, sì, ci sono arrivata,  un mese e mezzo dopo, e lì ci ho trascorso tutta l’estate. Sono arrivata che era Maggio e sono andata via ad Ottobre, quando il fantomatico campo di accoglienza con tende blu stava per essere smantellato. Sono stati mesi intensi, dolorosi e bellissimi, quelli che ho vissuto a L’Aquila, anzi, per essere precisi nella tendopoli di Fossa, vestendo i panni della Protezione Civile di giorno, e scrivendo reportage di notte. Erano i miei primi reportage, io che fino ad allora mi ero sempre e solo occupata di calcio, in quel momento iniziavo ad preoccuparmi della vita comune, iniziavo a vedere in faccia la sofferenza delle persone, e a scriverne, a raccontarla, a farla emergere. Io a Fossa, e alle persone conosciute durante il terremoto in Abruzzo devo molto, devo lo sviluppo della mia carriera giornalistica, da allora ad oggi,  la centralità che ho deciso di dare alle storie, alle piccole storie, le storie che non fanno parte dei grandi sistemi, e che non occuperanno mai i grandi titoli di giornali. Ma sono le storie che ci appartengono, storie in cui possiamo rispecchiarci tutti noi.  Sono storie che hanno diritto di venire alla luce.

Dopo quello de L’Aquila ci sono state altre catastrofi naturali, c’è stato il terremoto in Emilia Romagna, le alluvioni in Liguria e nel Messinese, il terremoto di Amatrice e nelle Marche, ad Ischia, e via dicendo. E, al solito, anche quella sensazione di sgomento sta pian piano scomparendo, lasciando spazio all’indifferenza, la grande nemica dei nostri tempi. Già, perché noi ormai non ci scandalizziamo più, non soffriamo più per il dolore degli altri. Però c’è stato un momento nel quale la mia generazione veramente si è sentita mancare la terra da sotto i piedi, in un punto di non ritorno. E quello fu il 6 Aprile 2009, quando un terremoto di magnitudo 6.3 sradicò un territorio, mietendo 309 vittime.

L’Aquila 2014 © Romina Vinci

L’Aquila 2014 © Romina Vinci

A Lecco si combatte il razzismo

Oggi migliaia di persone si sono ritrovate a Roma, provenienti da tutta Italia, per sfilare in corteo contro il razzismo.

Io questa mattina ho tenuto un seminario in un istituto superiore di Lecco, e per due ore ho raccontato il mio lavoro sulle migrazioni. Davanti a me i ragazzi di IIIA e IIIB indirizzo CAT dell’Istituto Bovara di Lecco, accompagnati dalle prof Assunta Limardi e Maria Di Palma. Una platea di ragazzi attenti e scossi, visibilmente, dopo aver ascoltato "The True Journey" direttamente dalla voce del protagonista. 

E nel pomeriggio, sempre a Lecco, l'amministrazione comunale ha premiato 180 richiedenti asilo che quest'estate hanno riqualificato lo stadio comunale ed i parchi con il loro impegno gratuito e spontaneo. Una presa di posizione chiara e limpida contro l'assurda decisione di Regione Lombardia di penalizzare proprio i comuni che impiegano i richiedenti asilo nella manutenzione del verde pubblico. 

Ed allora penso di essere stata fortunata, dopo tutto il mio peregrinare, ad essere approdata qui, in questa città che non mi fa sentire sola nella mia battaglia. 

E' vero, anche oggi piove. Piove senza tregua ormai da due settimane qui, Salvini è ancora lì a far danno, eppure io, questa sera, riesco soltanto a sorridere.

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Un incontro con Padre Solalinde

Giovedì 4 ottobre alle ore 21 presso la Parrocchia Sacro Cuore dei Giovi a Limbiate (Monza) si è tenuto un incontro con Padre Solalinde, il prete candidato al Nobel per la Pace 2017 che ha raccontato la sua esperienza in Messico in prima linea nella difesa dei migranti diretti negli Stati Uniti. Ha partecipato anche Romina Vinci, che nell’Agosto 2017 ha trascorso venti giorni all’interno del Centro “Hermanos en el Camino”di Ixtepec, la casa di accoglienza dei migranti fondata da Padre Solalinde. Romina Vinci ha mostrato alcuni reportage realizzati ad Ixtepec, e raccontato la sua esperienza al fianco degli indocumentados.

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"The True Journey" con la 1F dell'Istituto Parini di Lecco

Prosegue il ciclo di seminari nelle scuole per l’A.S. 2017/18. Sabato 21 Aprile, dalle 9 alle 11, Romina Vinci ha presentato il suo lavoro alla classe 1F dell’Istituto Superiore di Secondo Grado “Parini” di Lecco, grazie all’interessamento della Prof.ssa Maria Oggioni. . Toccante la testimonianza di Lamin, che ha raccontato “Il Vero Viaggio” di un migrante.

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A Trento, per parlare di aiuti umanitari e di Haiti

A Trento, il 13 Dicembre, Romina Vinci ha parlato di aiuti umanitari e di Haiti nell'ambito del corso "Narrare la guerra" promosso dal Centro per la Cooperazione Internazionale.

“Il ruolo dell’aiuto umanitario in situazioni di conflitto : il caso di Haiti per riflettere sul valore aiuti umanitari”: questo il titolo dell’incontro che ha proposto una riflessione sul ruolo degli aiuti umanitari, con un’attenzione particolare sui concetti di aiuto e sviluppo. Attraverso una prospettiva critica che tiene presente l’aspetto politico degli aiuti, l’incontro ha approfondito la situazione ad Haiti a seguito del terremoto del 2010.

Sono intervenuti Annalisa Furia, Università di Bologna; Fabrizio Lorusso e Romina Vinci, giornalisti e autori de “Le macerie di Haiti” e “La fame di Haiti: terremoto oblio e i paradossi della solidarietà” (2015)

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Tra le scuole di Eupilio e Pusiano (CO): una due giorni per riflettere sulle migrazioni

...succede che stai attraversando un classico momento nero, e non c'entra nulla il #BlackFriday . Sei stanca delle porte sbattute in faccia, dei "no" espliciti, ma soprattutto di quelli impliciti, perché fanno ancora più male. Pensi che questa volta hai davvero sbagliato, che sia arrivato il momento di appendere gli scarpini al chiodo,e di concentrarsi definitivamente su altro, di certo più redditizio.

E con una mente così annebbiata quasi passa in sordina quell'impegno preso alcuni mesi fa. Ma la data fatidica arriva, ed eccoti - di nuovo - in azione.
In due giorni tieni due seminari, incontri cinque classi di terza media. Un centinaio di tredicenni, forse più, sono lì che ti ascoltano, rimangono in silenzio per due ore, non si accorgono neanche della campanella che sancisce l'inizio della ricreazione. Loro sono lì, seduti, guardano i tuoi video, le tue foto, fanno domande, vogliono quelle risposte che difficilmente riescono a trovare sui giornali e in tv.

E' stimolante incrociare i loro sguardi, ti inorgoglisce il pensiero che loro stiano facendo tesoro delle tue parole, dei tuoi valori. Ed improvvisamente capisci che no, non è ancora finita. Fin quando ci sarà qualcuno interessato a conoscere le storie che tu raccogli, beh allora non hai alcun diritto di fermarti, ma soltanto il dovere di continuare a fare quello in cui hai sempre creduto. 

Non posso che ringraziare questi ragazzi per la scossa che mi hanno dato. Eh sì, perché il #blackout è finito, ed è ora di tornare in pista!

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