28 ore a Zagabria

A Zagabria quasi tutti gli edifici religiosi sono chiusi. Sono stati fortemente danneggiati dal terremoto del 2020. Oggi appaiono puntellati, completamente ricorperti da un cappotto di acciaio che, il più delle volte, lascia visibile solo la cupola. Le persone di qui non ci fanno più caso.
E già, perché i terremoti - e non solo-hanno un brutto vizio: dai tg svaniscono tempo 72 ore, ma i loro effetti sul territorio durano decenni, almeno (L'Aquila docet).

Ho trascorso a Zagabria 28 ore. E mi sono riscoperta leggera.

Ho cambiato alcuni euro in moneta locale, dimenticandomi del bancomat e riscoprendo quanto sia divertente contare - e soprattutto decifrare - monetine e banconote variopinte .
Ho chiuso Google Maps e mi sono affidata solo alla cartina tascabile e ai punti evidenziati di rosa dalla receptionist dell'hotel.

Avevo dimenticato la bellezza del camminare senza avere necessariamente una meta da raggiungere . A volte ho seguito le persone, altre mi sono persa, e perdendomi ho scoperto angoli di assoluto fascino. I murales in particolare. Mi sono imbattuta in un vecchio pensieroso che dominava la facciata ovest di un edificio, o un Gulliver dormiente con le Gazzelle ai piedi che perimetrava il cortile di una scuola. Ho sorriso: avevamo le stesse scarpe. Io e Gulliver, mica male.
É bella Zagabria, un gran mix tra città alta e città bassa, tra gotico e barocco, tra casermoni anonimi del periodo sovietico e vivaci casette dai tetti rossi.
L'ho girata in lungo e in largo.
In 28 ore ho percorso 30 km, per l'equivalente di 40 mila passi. Ero già pronta a candidarmi per Parigi 2024, ma ho scoperto che, tra i miei contatti c'é chi, quel mio record, lo ha superato in meno di 24 ore. Ed ecco che il mio sogno olimpico è svanito all'istante!

Ho chiuso il mio tour nel pomeriggio sedendomi sotto l'imponente statua di re Tomislav a cavallo, che troneggia guardando la stazione ferroviaria.
Nei miei viaggi cerco sempre di ritagliarmi del tempo da spendere fuori dalle stazioni.
Mi piacciono quei luoghi melting pot, al di là dell'odore di piscio e birra che li caratterizza.

Si capisce molto di una città dalla gente che gravita all'infuori delle stazioni. In quella di Salonicco, ad esempio, ci passai 5 giorni. In questa di Zagabria meno di un'ora.
E qui ho incontrato, manco a dirlo, tanti afghani, hazara in particolare. Ma questa, come il terremoto, penso che sia una storia che ha già stancato, esaurendo tutto il suo appeal. O sbaglio?

Qui sotto, in senso orario: io che sfido me medesima ad una partita di poker all'interno del Museo delle Illusioni; a seguire un selfie - malriuscito - davanti alla chiesa di San Marco col suo caratteristico tetto colorato. Poi la Cattedrale allo stato attuale, e di nuovo un selfie - altrettanto infelice - nella piazza antistante. Dulcis in fundo il mio amico Gulliver in Gazzelle bianche!

P. S. Ci tengo a ringraziare, di cuore, tutti gli amici che, tra ieri ed oggi, sono andati a vedere il Ferentino Fotofestival, inviandomi una foto della mia foto (scusate il giro di parole). Grazie perché mi avete fatto sentire lì, nonostante i mille km di distanza.