memories

Los lobos di Mar del Plata

La nonna di Dario sfoglia, seduta dall’altra parte del tavolo, una rivista di gossip, ed inizia a leggere un articolo su una coppia che ha quaranta anni di differenza e che ha avuto due gemelle. Ha 80 anni la nonna di Dario, il corridoio dove è posizionato il tavolo è buio e la luce arriva solo dalla cucina e dalla stanza da letto, ma lei legge spedita, con i suoi occhiali. Ha iniziato a lavorare quando aveva 5 anni, “accompagnavo mia mamma che lavorava in un hotel, io stiravo le lenzuola”, adesso continua a fare la sarta, ha il suo astuccio con ago e filo e fa orli, taglia, rattoppa. Legge spedita ad alta voce, si sta appassionando alla storia di questa coppia, alterna con enfasi la voce della domanda a quella della risposta. Mi fa partecipe, cerca gesti di approvazione. Io sorrido, e penso a quanto sia speciale il mondo, e la vita, nel suo senso più ampio.
Dario è dall’altra parte della stanza, è sparito sotto il letto, dorme. E’ da ieri che non si ferma, da quando sono arrivata. Non avrei mai pensato in vita mia che un giorno avrei conosciuto sua nonna. “Siete tutti e due del leone, ti piacerà e tu le piacerai”, mi aveva detto il giorno prima di arrivare. Io ero un po’ nervosa, c’è stato un momento nel quale avevo persino pensato di non andare più a trovarlo. Un conto è arrivare in Argentina, ma un conto è andare da lui, e fare un passo indietro di tredici anni. Già, tredici anni. Tanti ne sono passati dall’ultima volta che ci siamo visti.
Gli ho chiesto se mi aiutava a cercare un albergo dove alloggiare. Non ne ha voluto sapere, “vieni a stare da me, conviveremo con mia nonna”, mi ha detto.
Quando lo conobbi avevo 23 anni, frequentavo l’ultimo anno di università, ero reduce dall’Erasmus in Spagna. Amavo quella lingua che avevo appena imparato a parlare fluentemente, e quindi, quando nel mio paese, per il festival del folclore, mi dissero che potevo fare la guida del gruppo dell’Argentina, beh...non mi contenevo dalla gioia!
L’incontro con Dario e i suoi amici diede un’impronta precisa a quel che poi fu il cammino della mia vita. L’entusiasmo, la loro voglia di vivere, i valori, quegli abbracci così spontanei e sinceri che arrivavano in ogni momento della giornata, la purezza dei sentimenti beh… mi fecero capire la bellezza del mondo, mi diedero la spinta ad aprirmi agli altri, a viaggiare, per cercare di conoscere a tutto tondo le altre culture.

E così adesso, tornare a vederlo mi creava un mix di emozioni difficili da definire. Razionalmente pensavo a quanta strada avevamo fatto entrambi. Ci salutammo nel settembre 2006, un mese dopo veniva pubblicato il mio primo articolo, un mese dopo iniziavo a fare la giornalista. Anche la vita di Dario sarebbe cambiata da lì a pochi mesi: conobbe una ragazza e dopo poco ebbe due figli da lei.
Temevo il momento nel quale ci saremmo rivisti, ed invece mi è sembrata la cosa più naturale del mondo. Mi è venuto a prendere al Terminal degli autobus, ci siamo salutati, mi ha preso la borsa e abbiamo iniziato a camminare per raggiungere la fermata del Colectivo. Mi avevano avvisato che era freddo Mar del Plata, di norma ci sono sempre 4-5 gradi in meno di Buenos Aires, ma la temperatura non mi sembrava ostica. Come due amici che non si vedono da un po’, e ne approfittano per aggiornarsi sulle ultime news, così noi, abbiamo iniziato a parlare del più e del meno, tralasciando tempo e spazio.

Siamo andati a casa sua, ho conosciuto sua nonna, abbiamo pranzato con milanesa e insalata e poi siamo riusciti, tornando in centro. Portavamo due buste con i suoi vestiti di scena. E’ un ballerino Dario e quella sera c’era l’esibizione del suo gruppo di ballo al Teatro Colon. Ma avevamo quasi due ore di tempo per girare prima del grande evento. Mi ha fatto fare la foto con los lobos , “Sennò la gente non ci crede che sei venuta a Mar del Plata”, mi ha detto. Mi ha portato a passeggiare sulla Ramblas, a vedere il Casino, la Cattedrale, l’Auditorium, ed eccoci anche sull’oceano. Sono voluta arrivare fino al punto più esposto. C’era tanto vento, il freddo ti tagliava la pelle, arrivavano gli schizzi delle onde, ma io mi sentivo felice. “L’Italia è lì, in quella direzione”, mi ha detto indicando davanti a noi. E’ vero, l’Italia era lì davanti, c’era l’Oceano da attraversare, e varie migliaia di km di terra ferma. Ma in fondo era proprio davanti a me, seguendo la linea tracciata dalla sua mano. Tutto è relativo in fondo, tutto può essere vicino, perché ci spaventa così la distanza?

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