Tecnopolis nella "Città felice"

Mar del Plata viene chiamata “la città felice” E’ una delle più grandi dell’Argentina, vive di turismo e pesca, sfiora un milione di abitanti, e durante l’estate la popolazione triplica, perché tutti da Buenos Aires si riversano nelle sue spiagge. “Hai fatto bene a venire con il freddo, almeno puoi vedere un po’ la città, d’estate qui è una locura, le spiagge si riempiono fino al collasso”, mi racconta Dario mentre usciamo di casa. E’ quasi mezzogiorno, ci accoglie un sole limpido e una giornata tersa. Ci guardiamo e tiriamo un sospiro di sollievo.
Perché il programma di oggi era già deciso da una settimana, e non c’entra niente con il mio arrivo. Dario aveva promesso ai suoi figli di portarli a Tecnopolis. E’ una mega esposizione di scienza, tecnologia, industria e arte che si trova a Buenos Aires. In questi giorni però ci sono le vacanze di inverno, e quindi alcuni padiglioni di questa grande opera sono stati spostati a Mar del Plata.
L’idea di passare una giornata con i suoi figli mi intimoriva un po’, avrei di gran lunga preferito visitare l’ennesima Villa cercando di fare l’equilibrista. Ma noi adulti si sa, ci facciamo tanti problemi che non esistono. E la giornata è stata piacevole e molto divertente.
All’esterno, nel parco di Tecnopolis, c’erano dei dinosauri giganti che si muovevano e facevano suoni. Tutti i bambini ne erano conquistati. All’interno dei padiglioni c’era di tutto: esperimenti, giochi didattici e virtuali. Leòn in particolare è stato conquistato dai pendoli e dalla spiegazione dell’energia cinetica. Eluney andava da una parte all’altra, faceva foto a tutti gli stand, ma quelli che le piacevano di più erano gli esperimenti di laboratorio, con le bottigliette dei vari colori.
Tutti e quattro abbiamo fatto la prova di riflessi che mostrava la differenza tra quando guidi con il telefonino e quando senza. Diciamo che nello specifico i miei riflessi non erano proprio al top, non ho fatto una prestazione superlativa, ma lo attribuisco alla stanchezza, sicuramente in un altro momento avrei brillato!

Abbiamo mangiato hamburgesa e papas fritas per pranzo (eh sì, in questi giorni qui la dieta è andata a farsi friggere).
Sono in gamba i figli di Dario, Eluney ha 13 anni, il suo nome in mapuche significa “sorpresa”, ed è pura dolcezza, è una bambina pacata e mai fuori posto.
Leon di anni ne ha quasi 12, lui è un leone di nome e di fatto, ha una grinta da far invidia, non perde un colpo, è sempre sul pezzo.
Per Leon “Europa = Spagna”. Mi hanno fatto tantissime domande sui posti che ho visitato, volevano sapere tutto di paesi che non avevano neanche sentito nominare.
E poi si sono divertiti quando gli ho parlato del Natale, che da me si passa a casa, in famiglia, davanti al caminetto acceso, e si aspetta la mezzanotte per andare a messa. “Qui a mezzanotte si fanno i fuochi d’artificio, e il Natale si festeggia in spiaggia, altro che in chiesa!”, mi ha detto Leon tutto divertito. Ed anche la Pasqua, per loro, è un giorno come un altro, “se sei brava ti arriva l’uovo di cioccolata”, mi racconta Eluney. , ma la scuola non chiude, quindi per loro la routine non cambia. E insomma, in questo viaggio sono passata da un estremo all’altro: dalla Villa31 con le varie Virgen in tutti i lati, e queste statuette che vanno da casa in casa, compiendo pellegrinaggi tra nazioni, ad una normale famiglia di Mar del Plata che non ci pensa minimamente a rinunciare ad una giornata di spiaggia per vivere la Natività.
Finita la visita a Tecnopolis Dario ne ha approfittato per mostrarmi il centro polisportivo. Leon e Eluney hanno subito puntato un’altalena, e lì ci siamo diretti. C’era una panca di legno, sorretta da questi due tubi di ferro. Però, anziché andare avanti e indietro, l’altalena si muoveva da destra a sinistra. Loro si sono seduti, e noi abbiamo iniziato a spingerli. Poi hanno detto che dovevamo farlo tutti insieme, ed ecco che ci siamo seduti alle due estremità, ed abbiamo iniziato a dondolare di qua e di là. Io mi reggevo al palo, ma Eluney mi ha scovato quasi subito: “No! Così non vale! Devi rimanere in equilibrio e reggerti con le mani solo alla panca, altrimenti non ti diverti”, mi ha detto balzando giù, e costringendo suo fratello a fare lo stesso. “Ora rimangono solo papà e Romina, e noi spingiamo”, si sono detti tutti gasati. Ed ecco un’altra istantanea di questo viaggio: dondolare su un’altalena che va da destra a sinistra, reggendomi con le mani dietro la panca e chiedendo a Leon ed Eluney di non spingere troppo forte.

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