Una memoria corta

La domenica, e in generale tutto il weekend, la Villa31 è più viva che mai. I ragazzi si riversano nei campi a giocare a calcio, ce ne sono tantissimi, ed è un’allegria. Tra i vari negozietti parte la gara a chi tiene la musica a più alto volume. Nella maggior parte dei casi le casse sono fuori, in strada, ed ecco che la guerra dei decibel si combatte a pochi passi. 
E poi c’è frastuono, lavori in corso da ogni lato, vedi saldatori, muratori, carpentieri, tutti intenti. “Le case qui sono fatte bene, perché la maggior parte degli uomini lavorano nell’edilizia, ed il sabato e la domenica si costruiscono le loro abitazioni. Sono dei gran lavoratori, non si risparmiano, non si concedono giorni liberi”, mi dice Padre Guille. 
E’ forte Padre Guille, è un’istituzione qui. 
Sono vent'anni che vive nella Villa, lo mandó nel 1999 un tal Bergoglio, cardinale di Buenos Aires, e lui da qui non si é più allontanato. Per strada lo fermano tutti, i bambini per un buffetto sulla guancia, gli anziani per una benedizione, donne e uomini per chiedere un favore, e Padre Giulle chiama tutti per nome. Non nega un abbraccio a nessuno, ha sempre parole di conforto, sa ascoltare e dare soluzioni concrete alle persone, ma anche tergiversare e svincolarsi con chi cerca solo lo scontro. 
Camminare con lui significa fermarsi ogni dieci metri, perché c'è sempre qualcuno da salutare. E tutti salutano, rigorosamente, anche me. 
Prima c'é l'abbraccio, il bacio e il "Como estas?", poi eventualmente si passa alle presentazioni ufficiali, con tanto di stretta di mano. Qui é così: prima i gesti, poi le parole. 
Abbiamo girato la Villa da cima a fondo, e sono riuscita a raccogliere tanto materiale video, interviste, foto. C'erano delle stradine off limits, "qui togli tutti e non guardare quei ragazzi seduti all'angolo, stanno spacciando", mi dice, ad un certo punto, abbassando lo sguardo e sospirando. Non si può salvare il mondo intero, lo sa bene anche lui, eppure come é difficile vedere delle vite buttarsi via cosí.Mi racconta storie crude, di famiglie intere devastate dall'alcool e dalla droga, case nelle quali l'unico linguaggio che si impara é quello della violenza. 
"La Villa31 nasce negli anni Trenta - mi racconta - quando arrivarono gli immigrati dall' Italia e dalla Spagna. Lavoravano al porto, e siccome erano poveri e non sapevano come sopravvivere si stabilirono in queste terre abbandonate".
Ed ecco, un'altra notizia che può apparire sensazionale ai giorni nostri : c'é stato un tempo nel quale gli immigrati erano italiani, alle prese con povertà e miseria. 
Ma la memoria, si sa, a volte fa brutti scherzi, e magicamente dimentica. 

Nelle foto, partendo dall' alto, io che rimango incantata il giorno in cui ho conosciuto Padre Guille; a seguire, in senso orario, un selfie con Blanca. E poi.. eccomi pronta a scendere in campo con la squadra di calcio femminile Carlos Mujica. Cosa ci faccio sul rettangolo verde? Beh, per scoprirlo bisogna aspettare i reportage che usciranno, altrimenti se svelo tutto su Facebook smetto di lavorare !

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