Hermanos en el camino - L'INCONTRO

Arrivo ad Ixtepec alle 10.30 di mattina , dopo aver viaggiato tutta la notte. Piove, c'è fango, ed i miei bagagli sembrano più ingombranti che mai. 
"Hermanos en camino" è uno dei tanti alberghi per i migranti sparsi in Messico, un posto dove le porte sono aperte, e chi è stanco del viaggio, è stato ferito o altro può fermarsi e riposare qualche giorno. Prima di riprendere il cammino verso il Nord, anzi, il Norte .

Il primo giorno lo passo un po' in sordina, i ragazzi iniziano a parlarmi subito, sono carinissimi , basta un ¡Hola! per aprire le porte.
Ma io sono abbastanza rincoglionita, la notte in bus, la pioggia incessante, non capisco nulla. La giornata se ne va tra un riposino e gli innumerevoli tentativi di connettermi ad internet, e la sera faccio fatica a parlare anche con gli altri volontari .

I volontari, sì, sono loro lo zoccolo duro di questo luogo, oltre a Padre Alejandro ovviamente (ma di lui avrò modo di parlarvi in seguito ...). L'albergo infatti va avanti grazie ai volontari che vengono da ogni dove e si fermano alcune settimane qui, ad aiutare.

Passo molto tempo con Lourdes , detta Lulú, è messicana, ha 26 anni ed è a dir poco un portento! Ha vissuto a Dublino, Parigi, Strasburgo, parla spagnolo, inglese , francese ed anche un po' italiano ,perché i genitori sono stati qualche anno a Busto Arstizio.

E poi c'è Levi, è un giornalista americano, viene dalla California ed ha vinto una borsa di studio per lavorare un anno sul tema delle migrazioni in Messico. Starà qui nell'albergo un mese. Lui fa soprattutto radio, è specializzato nell'audio, e per me è stata una manna dal cielo, così quando inizierò a smadonnare con tutti i miei cavi beh... Saprò chi chiamare !

La mia prima serata si conclude presto, 
non sono neanche le 9.30 e sono già a letto ko.

Questa mattina però in compenso mi sono svegliata carica, riposata e serena . Alle 8.45 partecipo alla riunione dei volontari , si decide come dividersi le varie attività quotidiane, ed a me viene affidato il controllo all'ingresso della mensa sia a pranzo che a cena, niente male per iniziare !

Sono da poco passate le 9, il pranzo viene servito alle 2, significa che ho tutta la mattinata libera per fare video e foto, sembra perfetto, no?

Ed invece vengo presa da una fifa pazzesca, non me la sento di tirare fuori l'attrezzatura fotografica, e di scendere tra i ragazzi con la macchinetta in mano. 
Perché ? Dove sta la delicatezza? E il
rispetto? 

A volte vorrei essere come gli altri volontari, che vengono qui solo per aiutare, senza chiedere niente in cambio. Io invece sono qui per raccontare , per documentare, ed ecco che mi trovo una telecamera tra le mani, e mi trovo ad invadere, anzi infrangere la privacy di queste persone , la loro intimità , un'intimità che è stata già messa a dura prova in questo viaggio. 

Non è una sensazione nuova purtroppo, la provo ogni volta che arrivo in qualche luogo e so che devo "spingere" per portare a casa qualcosa di buono, eppure non riesco ad abituarmi e a scollarmela di dosso. 

La lotta interiore dura una mezzoretta, poi la ragione vince sul cuore, ed ecco che la modalità "giornalista" si mette in moto. 
Faccio un po' di riprese , ed iniziano ad arrivare le prime storie: profonde, toccanti, uniche. Come unico è lo strazio di chi è costretto a lasciarsi tutto alle spalle, solo per mettere in salvo la sua vita. 

Nella foto sono con Geovanny e Milo , due amici hondureños !

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